Tra corridoi segreti e orizzonti infiniti, la storia di Emma Swan riecheggia le note di una leggenda cinematografica che ha saputo catturare l’essenza poetica della vita in mare


C’è qualcosa di magico nel crescere con l’orizzonte che cambia ogni mattina. Emma Swan, oggi 32 anni, ha trascorso i primi anni della sua vita su una nave da crociera, dove i suoi genitori Sharon e Hughie lavoravano come direttore e vice direttore di crociera. La sua storia ci porta immediatamente alla mente la leggenda cinematografica di Novecento, il protagonista del capolavoro di Giuseppe Tornatore “La leggenda del pianista sull’oceano”, un bambino trovato su un transatlantico che non mise mai piede sulla terraferma.

Come il piccolo Novecento che cresceva tra le note del pianoforte nel salone di prima classe del Virginian, Emma ha vissuto la sua infanzia in un mondo parallelo, fatto di scoperte quotidiane e meraviglie nascoste. “È stata un’infanzia fantastica”, racconta Emma, “L’ho trascorsa esplorando: ci sono molte porte riservate all’equipaggio in cui potevo entrare per scoprire nuovi corridoi”.

L’immaginazione di una bambina che vive in mare si nutre di spazi segreti e avventure quotidiane. “Vedevo i corridoi come tunnel per cavie, in cui ci si poteva muovere. Potevo camminare intorno alle normali aree passeggeri e poi aprire una porta che dava sulle aree equipaggio e da lì tornare nella mia cabina”. Ogni giorno portava con sé la promessa di una nuova scoperta, proprio come nella poetica narrazione tornatoreana dove la nave diventa un universo completo, autosufficiente.

Quando l’eccezionale diventa ordinario

Uno degli aspetti più toccanti della storia di Emma riecheggia il paradosso esistenziale di Novecento: quando si vive immersi nella bellezza e nell’eccezionale, si rischia di perdere la capacità di meravigliarsi. “Mia madre mi ricorda spesso di quando avevo 4 o 5 anni ed eravamo sul ponte, pieno di passeggeri, e stavamo guardando l’Etna eruttare. Tutti erano increduli davanti alla bellezza del vulcano. Ma io mi girai verso mia madre e le dissi ‘Preferirei stare con la nonna e il nonno'”.

A soli 5 anni Emma aveva già visitato numerosi luoghi nel mondo, ma “credevo di essere una bambina come tutte le altre”. Vivere in viaggio “ti fa perdere il senso della vacanza. Ogni cosa per te è semplicemente stile di vita”. È il prezzo della bellezza quotidiana, lo stesso che pagava Novecento guardando l’oceano dalla sua nave senza mai desiderare di scendere a terra.

Ma forse la similitudine più profonda tra Emma e il personaggio di Tornatore sta nella ricerca della connessione umana. “Ho letto alcuni dei miei vecchi diari di quando ero su una nave, da bambino, e vivevo in mare. C’era una cosa che desideravo disperatamente da piccolo: un migliore amico”. Anche Novecento, nel suo mondo galleggiante, cercava quella connessione autentica con l’altro, quella comprensione che solo un vero amico può offrire.

La nave, per quanto spaziosa e ricca di possibilità, può diventare anche un luogo di isolamento. I bambini che crescono in questo ambiente sviluppano una sensibilità particolare, una capacità di vedere il mondo da prospettive insolite, ma pagano il prezzo di una socialità diversa, talvolta limitata.

Un mondo nascosto ai passeggeri

“Avevo accesso al mio mondo nascosto: il dietro le quinte”, racconta Emma. Questo “dietro le quinte” rappresenta molto più di semplici corridoi di servizio: è l’accesso a un universo parallelo che i passeggeri delle crociere non vedranno mai, fatto di piccole routine quotidiane, di spazi funzionali trasformati in playground dell’immaginazione.

Le moderne compagnie di crociera hanno sviluppato servizi sempre più sofisticati per le famiglie, ma la storia di Emma ci ricorda che dietro ogni grande nave c’è un mondo umano complesso, fatto di persone che lavorano e a volte vivono stabilmente in mare, creando piccole comunità galleggianti.

L’eredità di un’infanzia particolare

Come Novecento aveva la musica per esprimere la sua unicità, Emma ha portato con sé il dono dell’immaginazione e della capacità di vedere oltre la superficie delle cose. La sua vita “dietro le quinte” le ha permesso di godere dell’esperienza da un altro punto di vista e soprattutto di alimentare la sua fantasia.

L’infanzia in mare lascia segni indelebili: la capacità di adattarsi, di trovare bellezza negli spazi più inaspettati, di vivere il cambiamento come normalità. Ma lascia anche una nostalgia particolare per una dimensione umana più semplice, più autentica.

La storia di Emma Swan ci invita a riflettere su cosa significhi davvero crescere in un ambiente così particolare. Come nel capolavoro di Tornatore, dove la nave diventa metafora dell’esistenza umana, questi racconti ci parlano di scelte, di appartenenza, di ricerca di identità.

Chi lavora nel settore delle crociere oggi sa quanto sia importante comprendere le dinamiche umane che si sviluppano a bordo, non solo per i passeggeri ma anche per chi fa della nave la propria casa temporanea o permanente.

L’oceano, con i suoi ritmi e le sue regole, plasma caratteri unici, sensibilità particolari. Emma, come Novecento, porta dentro di sé la vastità del mare e la curiosità infinita di chi ha imparato a vedere il mondo da una prospettiva privilegiata, sospesa tra cielo e acqua.

In un’epoca in cui viaggiare in crociera è diventato sempre più popolare tra le famiglie, la testimonianza di Emma ci ricorda che dietro ogni viaggio c’è sempre una storia umana, un’esperienza che va oltre la semplice vacanza e tocca le corde più profonde dell’essere.

La nave continua a navigare, i passeggeri salgono e scendono, ma per chi ha fatto dell’oceano la propria casa, ogni onda porta con sé un frammento di vita, un ricordo, una lezione di esistenza che nessuna terraferma potrà mai insegnare.

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